Ark 10 anni

2010-2020

Il primo numero di Ark esce in edicola nell’aprile dell’anno 2010. Ark esordisce a Bergamo annunciandosi come una rivista locale: la provincia non ne costituisce soltanto il luogo di produzione ma anche l’oggetto di indagine, un fatto curioso in un contesto dominato dalla comunicazione digitale globale. Le profezie di Marshall McLuhan sul destino dei linguaggi mediatici, avviati ad una profonda trasformazione in un mondo interconnesso, privo di confini e attraversato da conflitti sempre più ricorrenti non sembrano turbare la rivista, che persegue un’indagine sull’architettura rivendicando il bisogno di essere presenti nei luoghi, di frequentarli con continuità, nel segno di un legame profondo.

 

Nelle sue pagine si raccontano i paesaggi e le architetture più significative di Bergamo, della sua provincia ma anche della Lombardia, del ‘900 e d’oggi; è fatta di carta, inchiostri tipografici e cucita con un filo; si stampa ogni tre mesi. Ark guarda la Lombardia e si pensa – e si fa – a Bergamo, una terra di confine, un avamposto culturale, un osservatorio e un laboratorio privilegiati posti tra pianure e valli così diverse tra loro, tra un sottosuolo che nutre uno straordinario mondo immaginale e un cielo mai immobile di cui sondare le altitudini alla ricerca del nuovo.

 

In un decennio Ark ha compiuto numerosi attraversamenti, tanto dei luoghi reali, visitati, percorsi e documentati al vero, quanto dei temi pubblicati, insieme ad ospiti appartenenti ad ambiti disciplinari diversi dall’architettura: filosofi, sociologi, antropologi, fotografi, storici dell’arte, studiosi di fenomeni urbani. Questa coralità di sguardi ha fornito le coordinate per orientarci, per semplificare la complessità del mondo e vedere con maggiore chiarezza.

 

Le architetture sono inscindibili dalle loro storie, a volte poco conosciute, altre mai raccontate oppure così importanti da essere nuovamente descritte. Riavvicinare le persone alle architetture, ai luoghi che le circondano e che esse concorrono a formare, talvolta in modo radicale e controverso, è il compito che la rivista si è data, portandola ad evolversi fino a produrre un significativo travaso di conoscenze e sensibilità, necessarie a considerare i fenomeni come parti di una realtà organica.

 

Le opere d’architettura a cui Ark presta attenzione non sono icone né oggetti: li contengono, li illuminano o li avvolgono nell’oscurità, li proteggono e li fanno vivere. L’architettura non si dà senza un’esperienza che si chiama “abitare”, ossia l’essere in un luogo, esserne circondati, accettarne i ritmi inesorabili, percepirne i caratteri e le atmosfere, apprezzarne i materiali e le patine, riconoscere il lavoro manuale, la perizia dell’artigiano e del costruttore.

 

Nella convinzione che fare architettura – e fare una rivista d’architettura – sia ancora un mestiere, Ark si sofferma sui progetti e gli autori che, ancora oggi, guardano criticamente l’impoverimento dei linguaggi causato dalle tecnologie digitali. Opere d’oggi che guardano al futuro senza smarrire riferimenti locali e sensibilità contestuale, qualità che hanno contraddistinto la migliore architettura italiana del ‘900 e che ancora oggi continuano a rendere riconoscibili e apprezzate l’originalità e l’audacia dei loro autori.

 

Ark non cerca soltanto grandi opere, ma riconosce la qualità di un pensiero progettuale anche quando espresso in manufatti minori, o inconsueti, o poco rappresentativi di un potere. Fa visita alle architetture attraverso l’incontro con i loro abitanti, singolari testimoni-narratori e custodi della storia di un’opera attraverso il racconto vivido di chi l’ha vissuta, la vive ancora oggi e ne ha conservato la memoria, gli oggetti, i dettagli. L’architettura è un’esperienza: attraverso l’architettura esercitiamo una presa esistenziale sui luoghi, che afferriamo e da cui siamo afferrati. È impossibile capirla senza visitarla o avervi trascorso un tempo sufficientemente lungo da poterci fare affermare di averla abitata.

 

Ark si occupa di paesaggio e d’architettura ed è essa stessa un’architettura. Come in un prisma, le sue rubriche contengono rinvii, profondità spazio-temporali e rifrazioni. Ark è uno spazio di dilatazione dell’immaginario. Nelle sue pagine l’energia trasformativa introdotta dal progetto si coniuga con la storia, l’atmosfera dei luoghi e il loro silenzio, un bene prezioso che, in un mondo sempre più congestionato, può lasciare al lettore il tempo e la concentrazione per riflettere e interloquire con i temi messi in pagina. Ark è un osservatorio che esplora i significati del termine paesaggio, le attitudini a percepirlo, attraversarlo, praticarlo, fotografarlo. È una wunderkammer, dove esplorare forme e modi di vita ai confini tra il quotidiano e l’immaginario, dove conservare luoghi e parole rimosse e riabitate. Ogni numero di Ark, concepito come una mappa, disvela corrispondenze e mette in luce la pluralità di interpretazioni di un tema comune, rivelando così la natura polifonica ed eclettica della rivista.

 

Dall’esordio nel 2010 sono 33 i numeri pubblicati. Nel corso del tempo, Ark ha dato corpo ad un archivio di progetti, di iconografie spesso inedite, di testi che oscillano tra il rigore dell’analisi storica e una intensa partecipazione alle esperienze progettuali che hanno distinto il fare architettura a Bergamo e in Lombardia. Ark 33 vuole ripercorrerli attraverso una selezione di opere d’architettura del ‘900 tra le più significative fino ad oggi prese in esame dalla rivista. La loro selezione, determinata da un criterio di coerenza con il tema che in questo numero si è scelto di indagare – popolo -, risponde anche al desiderio di radunare le opere distintive di una peculiare idea di modernità, proiettata nel futuro eppure radicata in uno specifico milieu culturale che Ark ha osservato con sguardo partecipante, contribuendo a salvaguardarle e a sottrarle a un destino di oblio e di abbandono.